Roberto, idealista sognatore

A Roberto Romoli mi lega un’antica amicizia nata oltre mezzo secolo fa sui banchi della scuola elementare Francesco Petrarca di Firenze.Nelle grandi città può succedere di perdersi di vista per anni, talvolta per sempre.

Nel nostro caso, dopo un lungo periodo di ‘smarrimento’, è stata la comune frequentazione del mondo dell’arte che ci ha fatto nuovamente incontrare. La professione di giornalista mi ha portato, nel 1998, a realizzare un servizio televisivo per la rubrica “Incontri con l’arte” di Toscana Tv in occasione dell’inaugurazione della restaurata Villa Montalvo. Per quell’evento, il Comune di Campi Bisenzio aveva organizzato una mostra collettiva degli artisti aderenti allo Studio 7, uno dei più rigorosi ed impegnati gruppi del territorio.

Fra i pittori che esponevano, ritrovai Roberto; stessa fisionomia, pur solcata dall’incedere del tempo, stesso carattere sensibile e cordiale di quando eravamo bambini. Quando mi ebbe mostrato i suoi quadri, stentai a credere che un uomo sereno e pacificato, come all’apparenza sembrava il mio vecchio compagno di classe, potesse esprimere un’arte così tormentata, inquieta, disturbata e disturbante per chi si poneva, come me in quel momento, davanti ai suoi quadri. Ovviamente, non espressi alcuna opinione perché la lunga frequentazione di luoghi espositivi mi ha da sempre consigliato di rinviare eventuali esternazioni a momenti successivi, dopo aver effettuato una più approfondita ed elaborata conoscenza degli artisti e delle loro opere.

Che ne potevo sapere, dopo tanti anni, della personalità di Roberto, del suo background culturale, artistico, sociale e umano.

Però questa antinomia mi aveva molto incuriosito e, avendo apprezzato, oltre ai contenuti, le sue qualità artistiche, poco dopo lo selezionai, insieme ad alcuni dei più importanti pittori fiorentini di quel periodo, per una rassegna d’arte contemporanea, di cui ero curatore, che si tenne nel 1999 al Caffè Pascò. Ebbi così modo di visionare molte altre opere e questa occasione si ripropose anche negli anni successivi quando potei penetrare più in profondità nel suo universo artistico seguendolo per altri servizi televisivi in varie mostre susseguitesi nel tempo a la Mimosa di Campi Bisenzio nel 2000, al Convitto della Calza di Porta Romana nel 2001, nella limonaia di Villa Vogel nel 2002, al circolo Arci di San Donnino nel 2004, nei saloni dell’Hotel West Florence di Campi Bisenzio nel 2007, fino ad arrivare alla personale del Seminario Vescovile di Fiesole nel 2009 e al recentissimo omaggio a Giovanni Fattori ospitato nel padiglione espositivo Antonio Berti di Sesto Fiorentino.Un intero decennio durante il quale ho potuto constatare come Roberto e la sua arte siano due facce della stessa medaglia.

Nelle tematiche, infatti, c’è tutta la delusione e la frustrazione di un ottimista tradito dalla realtà, di un uomo sensibile maramaldeggiato dalle vessazioni dei sopraffattori, di un animo candido insozzato dal lerciume morale, sociale e spirituale imperante, del cittadino ignorato dalle istituzioni.C’è l’uomo Roberto, idealista, sognatore, utopista, che affida all’artista Romoli il compito di rappresentare il malessere che lo pervade, la voglia di cambiare il corso delle cose, di urlare la sua rabbia contro le crudeltà del mondo, utilizzando le armi di cui dispone il pittore ovvero i pennelli, i colori, le tele e la voglia di comunicare facendo largo uso, per questo, soprattutto della fantasia liberatoria che regala al lettore dell’opera la speranza di intravedere uno spiraglio di luce nel buio che lo circonda. E quale altra chiave interpretativa poteva scegliere, per rappresentare tutto questo, se non il surrealismo che gli permette di assemblare simboli, scenari e personaggi del tutto onirici tanto lontani dalle situazioni reali quanto totalmente aderenti alle problematiche contemporanee.E quale altro gruppo d’arte poteva annoverarlo fra i suoi sodali se non lo Studio 7 che fin dai primi anni Settanta ha saputo mirabilmente coniugare la ricerca artistica e culturale con l’impegno sociale e l’interpretazione del disagio esistenziale. La costante, e spesso preponderante, presenza di cieli azzurri nei suoi quadri non è solo un’evidente ricerca metaforica di evasione dalla realtà ma anche l’aspirazione ad una elevazione spirituale capace di placare gli incubi e le paure di un uomo smarrito nel triviale labirinto della quotidianità.

Fabrizio Borghini

Uno sguardo critico e poetico

Molto spesso, e giustificatamente per convenzione, usiamo definire “surreale” una pittura come quella di Roberto Romoli così disposta a trasgredire il ritratto della realtà ribaltando prospettive e leggi di gravità, aprendo il cielo a farsi teatro, più spesso che la terra, di metafore figurative ma in esse l’artista riflette il proprio sguardo critico e al contempo poetico sulla vita e sulla storia.

In questo Romoli prende le distanze dalle bizzarrie proprie del Surrealismo relazionate alla rappresentazione di connessione inconsce, anche se certamente in quanto artista di oggi taluni referenti non possono mancare al suo bagaglio culturale.
Romoli ci mostra una precisa consapevolezza dei propri simboli e così le connessioni che egli stabilisce tra lo spazio e la forma e tra la natura stessa delle cose, se pur svincolate dalle regole del vero, sono frutto della sua visione del mondo e non della più ingannevole attività onirica.
Nella sua libera “impaginazione” della realtà c’è indubbiamente tutta la ricchezza di una poetica versata all’immaginario e attraverso di essa l’artista riesce a conformare a un’idea di bellezza anche i temi inquietanti in cui si rispecchiano i mali del nostro tempo: lo strapotere del denaro, la natura offesa dal degrado, la perdita d’identità umana, sono argomentazioni di molti suoi spartiti pittorici eppure nell’estetica compositiva ricorre sempre un ché di salvifico.
Del resto il suo “io narrante” si configura, in molte opere recenti, nell’esile figurina in volo col palloncino e altrove altri palloncini colorati, come poi le bolle trasparenti, navigano e s’incontrano, mondi diversi e unici in cerca di relazione.

Continuamente “itinerante” nello spazio e nel tempo con i propri racconti visivi il nostro autore ripercorre in essi la propria esperienza di viaggi alla ricerca delle impronte della storia nella geografia di luoghi visitati, lontani e magici quali Petra o Machu Picchu, ma anche di quel viaggio introspettivo che lo conduce alla ricerca della conoscenza di se stesso.

Seguendo questa scia lungo la quale coerentemente si evolve il suo discorso nell’arte sento risuonare alcuni versi del grande Hermann Hesse (“Gradini”): “Dobbiamo attraversare spazi e spazi senza fermare in alcun d’essi il piede, lo spirito universal non vuol legarci ma su di grado in grado sollevarci.”

Roberta Fiorini

Oltre

Fiorentino, si immette nel mondo dell’arte già negli anni ’60.
E come in un cavallino purosangue, si notano subito in lui forti capacità espressive, che immediatamente lo indirizzano verso una brillante carriera pittorica, anche se con umiltà, visto il carattere riservato dell’artista. Approdato successivamente alla corrente surrealista, ne diviene un esponente, stilisticamente molto diverso e interiormente impegnato. Aggiunge alle tematiche fondamentali, il suo pensiero filosofico, conducendo i suoi esperimenti pittorici come una terapia, una medicina dell’anima, parla con il cuore, pensa, sperimenta, e ci riporta sulla tela quello che compone, mettendolo in ordine, elaborandolo con una meticolosità fotografica, sfiorando spesso l’iper realismo formale. Con sofferenza mosochistica, compone con calma nell’ombra del suo studio, sogna, inventa e crea. Mettendoci a conoscenza dei concetti intrapresi, come un impegno sociale. Mostra al mondo opere, che come figli dei propri desideri, danno il senso alla sua vita. Tutta la sua produzione, mette in risalto le problematiche e i limiti spaziali dell’esistenza e della vita contemporanea. Roberto Romoli, ci rappresenta un mondo parallelo, ideale, fuori dalla dinamica ordinaria delle cose. Alle volte con una serena interpretazione onirica, altre invece spinto da una forza sconosciuta, tende a trasmettere all’istante, fantasie da incubo post industriale. I significati pittorici in Roberto Romoli, sono l’esatta espressione delle proprie teorie filosofiche e politiche, e della liberazione oltre il limite naturale delle pulsioni dell’inconscio. In Roberto Romoli, come uomo e come artista, sono presenti anche le contraddizioni di ogni essere umano. Infatti è forte l’espressione spirituale, legata a questa nostra vita terrena spesso in contraddizione con le nostre aspirazioni, sfiorando i limiti della “paranoia”. In Romoli però, emerge una poetica molto personale che ne esalta una sorta di spirito di sopravvivenza arcaico, teso sempre e comunque al raggiungimento di quel sogno ideale. Sogno che ogni arte tende a raggiungere. Non esiste un’arte o una corrente di pensiero filosofico superiore alle altre e tutti cercano di raggiungere la medesima meta…
Che oltre ad incantare chi poi ne usufruisce, determina quel senso di pace interiore e di completezza che l’artista, pittore, scultore, musicista, scrittore che sia, vive il bimbo che si emancipa ed evolve… permettendogli di andare oltre. Per cui, come scrisse Andrè Breton nel celebre manifesto del ’24 iniziando al mondo, questa corrente culturale ed umanistica: “Non l’arte per l’arte”. Ma arte che dirima e tenti di risolvere le contraddizioni di una vita troppo breve e troppo scontata, per cui l’intelligenza umana spesso è inadeguata, date le enormi capacità che può esprimere. Roberto Romoli nel suo piccolo, come tutti gli artisti ed intellettuali della storia, stà forgiando e costruendo se stesso, in quel piccolo mattone, che dovrà sorreggere insieme ad altri, l’enorme peso di quello che sarà il futuro del mondo, da donare all’umanità intera, con il cuore e il rispetto di una persona e di un artista speciale.

Giacomo Basile 2009